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Prestashop è una piattaforma di e-commerce molto utilizzata in virtù delle sue caratteristiche di utilizzabilità, semplicità di realizzazione di e-commerce, modularità ed economia di sviluppo e manutenzione degli e-commerce. Principale prerogativa è la modularità, che consente di costruire facilmente dei siti di e-commerce aggiungendo o rimuovendo funzioni implementate dai moduli, ad esempio per gestire il rapporto con i corrieri o il magazzino e l’interazione con gli ERP.
Ad esso è stato dedicato un tutorial su questo stesso portale, cui rimandiamo chi volesse apprendere le nozioni di base del prodotto e imparare (tramite un secondo tutorial) come gestire i temi e le personalizzazioni.
In questo tutorial, invece, concentreremo l’attenzione sull’utilizzo degli strumenti di Prestashop per implementare il web marketing e l’ottimizzazione SEO tramite strumenti dedicati e secondo strategie ottimali.
Il web marketing è un insieme di strumenti applicati ad una strategia per far crescere gli obiettivi di business di un’azienda, primo fra tutti la vendita dei propri prodotti e/o servizi.
Tramite il web marketing, infatti, è possibile individuare su quali canali investire tempo e risorse, capire quali sono le campagne di comunicazione da intraprendere per convertire i propri utenti in clienti.
Oggi non è pensabile andare sul web e ottenere in maniera gratuita il traffico, perché occorre appoggiarsi a strumenti specifici: per esempio le campagne su Google Adwords, le attività di influencer marketing, l’e-mail marketing, l’indicizzazione sui motori di ricerca, la creazione di una community su Facebook, sono tutte attività di web marketing che possono far sviluppare il business in termini sia di fatturato che di brand awareness (far conoscere un certo marchio e web reputation (creare e alzare il livello di reputazione di un prodotto o un marchio).
Per far sviluppare un e-commerce e creare una base di fatturato, nonché per verificare se il business che abbiamo ideato funziona, si può passare dai Marketplace. In seconda battuta, se il sistema ideato di business funziona, è importante e comunque una componente determinante, avere una parte delle vendite anche sullo Shop on-line, che diventano clienti fidelizzati, proprietari, che si va a condividere con il Marketplace.
Il meccanismo di conversione da contatto a cliente, ossia quello attraverso cui un contatto si tramuta in lead e quindi in potenziale cliente, è articolato e si descrive con il cosiddetto “funnel”; in altre parole è una strategia che come un imbuto, parte da molti nominativi per arrivare a selezionare sempre più i soli contatti veramente interessanti, che possono poi acquistare.
Analizziamo qui di seguito il Funnel di un negozio on-line.
Il funnel che vedete nell’immagine, in realtà è tagliato, nel senso che prima della fase in cui il traffico arriva sul sito (il segmento che vedete in verde) ci sarebbe una fase nella quale si va recuperare il traffico che verrà sul sito stesso.
L’immagine è interessante perché consente di valutare quali sono i rapporti tra i vari numeri.
Rivediamo lo stesso Funnel inserendo dei valori, corrispondenti al numero degli ipotetici navigatori, corrispondenti al traffico di visitatori che arrivano sul sito.
In buona sostanza per 100.000 visitatori, mediamente solo 500 di questi compreranno. Il problema è che per ottenere quei 100.000 utenti, considerato che mediamente un visitatore si ferma 5 secondi su una pagina, occorre utilizzare strumenti idonei ad attirare traffico. In ogni caso per avere quei 100000 visitatori occorre partire da un milione o più visitatori, cui si attinge ad esempio perché il sito viene raggiunto da un motore di ricerca, da una pubblicità su Social Media o altro sito e via di seguito.
Proprio per la limitata percentuale di persone che arrivano all’acquisto, capite quanto è importante generare traffico sul sito.
In considerazione di quanto sinora esposto, un buon e-commerce deve disporre di strumenti che lo intergino nel web marketing. PrestaShop risponde a questa esigenza supportando questi strumenti per creare o ricreare traffico:
ADV è l’attività di Advertising, ad esempio con Google Adwords, mentre retargeting e remarketing sono due concetti spesso confusi l’uno con l’altro, ma riguardanti la ridirezione degli AD o la proposta della campagna pubblicitaria in siti partner a soggetti che hanno visitato un sito. Chiariremo tutti questi strumenti qui di seguito.
Per ADV si intendono gli annunci proposti da Google, ma anche da altri siti e dai Social Media quali Facebook e Linkedin, per esempio. In realtà oggi il digital advertising può essere teoricamente diviso in due categorie:
Il Display advertising è sostanzialmente la visualizzazione di annunci riguardanti prodotti, servizi ecc. mentre il search advertising si concretizza nell’utilizzo delle chiavi di ricerca e della SEO per fare in modo che sia il visitatore ad andare sul sito o sulla landing-page del prodotto mentre fa una ricerca.
Le due cose si distinguono in vari punti, sebbene entrambe mirino a fare in modo che un visitatore “atterri” sul sito desiderato e si basino sul trend più recente che vuole una campagna pubblicitaria più efficiente se nel visitatore si fa sorgere la consapevolezza di avere un bisogno. La differenza è sostanzialmente che nel primo caso si punta su annunci creati sulla base dei dati di profilazione e quindi si va, pur con un margine di tolleranza ristretto, abbastanza a spanne, mentre nel secondo si punta a farsi trovare dai motori di ricerca utilizzando come keyword quelle che possono riguardare le richieste inerenti al prodotto o servizio che si vuole offrire, che un utente fa ad esempio in Google: per esempio “scarpe da ginnastica”.
Tra le forme di digital advertising maggiormente utilizzate rientrano anche l’e-mail marketing e l’affiliate marketing: l’e-mail marketing è la classica newsletter più o meno mirata a utenti selezionati. Invece l’affiliate marketing è l’orientamento della pubblicità digitale a utenti affiliati.
Vediamo un esempio di Google Ads che sono i classici annunci proposti da Google nella parte superiore (testata), inferiore o laterale destra della pagina di Google (immagine seguente).
La tecnologia con la quale vengono pubblicati gli annunci, con la quale partecipano alle aste di pubblicazione, sono differenti, quindi ci sono varie logiche legate alle parole chiave statiche o dinamiche. È una forma molto interessante perché intercetta esattamente un’esigenza dell'utente, perché creando e proponendo un annuncio AdWords sostanzialmente si va a intercettare utenti che stanno cercando esattamente il prodotto sponsorizzato è che sono interessati ad avere informazioni o comunque probabilmente ad acquistare quel prodotto.
Il rovescio della medaglia è che sono probabilmente la forma più onerosa e costosa di marketing, in quanto mediamente con un spesa di 1.000 euro in AdWords si riuscirà a vendere 3 o 4mila euro di prodotto, magari in un arco temporale non brevissimo, che può essere un mese, ossia quel che serve a fare ottimizzazioni aggiungendo o modificando le keyword, rimuovendo quelle che generano poco traffico ecc.
Un aspetto importante delle keyword è che devono essere inerenti, non possono generalmente contenere il nome di un marchio (a meno di non essere il titolare) e non si possono usare come keyword nomi di brand e prodotti di un’eventuale concorrente, perché il fatto è perseguibile sia civilmente che penalmente.
Il secondo tipo di pubblicità che possiamo generare con Google AdWords è quella che usualmente viene chiamata “display” ovvero tutte quelle pubblicità contenenti immagini che compaiono sullo schermo, sia lato desktop, sia lato telefono; l’immagine seguente mostra le aree dove vengono visualizzate sui vari dispositivi.
Si tratta soprattutto di una forma di branding ed è molto improbabile che generi conversione, cioè visita e pagamento del prodotto, perché generalmente vengono intercettate da un utente che in passato ha già manifestato interesse per il prodotto (ad esempio visitando un sito che lo proponeva) o tipologia di prodotto, quindi viene proposto il logo o il brand, un oggetto o la fotografia di un prodotto, ma non costituiscono una forma di intercettazione dell’intenzione manifestata con la ricerca. Si tratta di una pura e semplice pubblicità on-line.
La stessa logica vale per il mondo dei Social, che al giorno d’oggi ormai si “prende” circa il 50% del marketing digitale; il mondo dei Social è particolarmente indicato per prodotti per esempio di moda, mentre il mondo di Google è più adatto, ad esempio, per è ricambi degli elettrodomestici...è più generalista.
Nell’immagine seguente viene prooposta a destra una pubblicità su Instagram e a destra una su Facebook.
Si tratta di un modo di comunicare interessante, abbastanza completo e quasi superiore alla classica display di Google, perché gli annunci proposti sono sviluppati dalla piattaforma pubblicitaria di cui i Social Media ormai dispongono, la quale mette a disposizione di chi vuol fare degli AD I dati sul profilo dell’utente, dai quali si desumono gli orientamenti commerciali e si presume di capire cosa possa interessare all’utente. Quindi è qualcosa che propone messaggi propozionali che possono interessare l’utente Social senza che questo abbia esplicitamente espresso preferenze o necessità come avviene nella ricerca su Google.
Inoltre i Social supportano anche “l’inseguimento” dell’utente da parte di annunci pubblicitari riguardanti siti partner che esso ha visitato in precedenza; questo viene implementato dal retargeting.
Il retargeting è la strategia che prevede di raggiungere gli utenti che hanno interagito con un certo sito web e/o hanno effettuato un’azione in esso. Attraverso i cookie (se quando il sito lo propone, si clicca Sì sul pop-up che chiede se accettare o meno i cookie) le azioni svolte dai visitatopri vengono monitorate e registrate: in questo modo chi gestisce le attività di web marketing potrà avere dei dati chiari circa l’efficienza dell’attività on-line, conoscere il comportamento degli utenti o, nel caso di Google AdWords, proporre dei messaggi o annunci pubblicitari ad un pubblico specifico.
Riassumendo, il retargeting prende in considerazione le azioni svolte da un dato utente (non necessariamente un contatto) in base al suo comportamento all’interno del sito. Il retargeting permette, sulla base delle informazioni acquisite, di mirare meglio i contenuti e le proposte; inoltre genera più facilmente i lead perché un utente vede un annuncio di un sito dove è già stato, quindi non proposto a caso.
L’operazione può essere cross-device, nel senso che per l’utente è possibile trovarsi visualizzato un AD su un device diverso (per esempio lo smartphone) da quello sul quale è stato visitato il sito (un PC), a patto di essersi autenticato in qualche modo, ovvero che il device sia riconosciuto tramite l’account del Social.
L’inseguimento dell’utente avviene proprio attraverso il retargeting e si concretizza nella visualizzazione di annunci sulle pagine facebook o Twitter inerenti a oggetti in vendita visti precedentemente, per esempio su Amazon, ebay ed altre piattaforme di e-commerce visitate.
Il retargeting è possibile perché sul sito web dell’azienda da promuovere c’è la possibilità di installare quello che nel linguaggio di Facebook viene chiamato pixel e che in LinkedIn è chiamato “componente”: si tratta di un frammento di codice che, inserito su tutte o su alcune pagine del sito di e-commerce (in questo caso) collega il sito web stesso direttamente con l’account del Social Network; ogni volta che un utente visualizza una pagina del sito in cui tale codice è installato, quel codice manda un segnale all’account pubblicitario che dice che una certa persona che è presente anche su Facebook ha visitato quel certo sito web.
Per esempio se abbiamo visitato un sito che propone biciclette, andando poi sul Social ci si ritrova un annuncio che “parla” di biciclette e accessori.
Diverso dal retargeting è il Remarketing: questo processo utilizza come strumento le e-mail e quindi tutte le piattaforme che possono aiutare a inviare comunicazione ai contatti di chi vuole fare una campagna pubblicitaria.
Una strategia di Remarketing standard è quindi l’invio di e-mail automatiche a chi, ad esempio, non ha acquistato l’articolo che aveva inserito nel carrello all’interno dello shop online, ma si è registrato sul sito web: quindi nell’e-mail potremmo ricordargli i prodotti che ha inserito nel carrello, proporgliene di simili oppure offrire uno sconto.
Per intendersi, il Remarketing punta a utenti che già sono stati “convertiti” in lead, ovvero, nel caso di un e-commerce, hanno rilasciato i propri dati e/o fanno parte del database clienti dell’azienda che possiede l’e-commerce stesso.
Utilizzando sia su Google che sui Social la funzione che permette di intercettare il pubblico simile, è possibile aumentare la copertura delle campagne di remarketing esistenti e attirare sul sito nuovi utenti che potrebbero essere interessati ai prodotti o servizi offerti.
Anche se questi nuovi visitatori di un segmento di pubblico simile non effettuano subito un acquisto sul sito web, aggiungendo il tag di remarketing al sito si può raggiungerli in un secondo momento utilizzando un elenco per il remarketing.
Il targeting per segmenti di pubblico simile permette di attirare più visitatori sul sito web e, di conseguenza, aggiungere più utenti all’elenco per il remarketing in un modo intuitivo e facile da gestire.
Sostanzialmente il pubblico simile è quello che per caratteristiche somiglia a quello proprio di un certo sito di e-commerce e sia Google che i Social Media consentono di identificare tali caratteristiche e provare a proporre a utenti estranei gli annunci tipici dei contatti acquisiti.
Entriamo dunque nel come PrestaShop supporta gli strumenti per il marketing digitale, attraverso moduli già pronti e strumenti come quelli che consentono il tracciamento (codici di tracciamento di Google e pixel code di Facebook). Questi codici vanno inseriti sullo shop on-line e l’operazione può essere eseguita da un programmatore manualmente, dopo aver letto la documentazione fornita dalle piattaforme, ovvero in maniera automatica, veloce e più comoda, mediante moduli (immagine seguente).
La comodità di PrestaShop è quindi nel disporre di moduli che risparmiano il lavoro del programmatore nell’inserimento dei codici di tracciamento. Basta acquistare il modulo, installarlo in PrestaShop e configurarlo, inserire il codice di tracciamento o pixel code e il tutto funziona con una spesa molto ridotta rispetto all’intervento di un programmatore.
Oltre ai moduli mostrati nell’immagine precedente, per PrestaShop ne esistono altri per altre piattaforme, che troverete nello store on-line.
Google è una macchina in costante evoluzione e se chiedete la consulenza a Google, i suoi tecnici vi guideranno sicuramente nell’implementare codici di tracciamento, ma soprattutto vi insegneranno a utilizzare il collegamento fra Google Adwords e Google Analytics, perché di fatto i visitatori che abbiamo sul sito non si identificano per nome, cognome, indirizzo ed e-mail ma vengono tracciati da Google Analytics, il quale è in grado perfettamente di alimentare gli AdWords.
Ci sono vari modi di fare una configurazione AdWords: c’è quella fatta in autonomia dal gestore dell’e-commerce in cui ci si prepara un certo numero di annunci che si utilizzano nel tempo, ma anche quella fatta da un professionista del settore che si cura di creare vere e proprie campagne pubblicitarie strutturate in modo da essere molto seguite dal pubblico.
Esiste, infine, una terza via, ossia quella di affidarsi a grandi agenzie di marketing che utilizzano software che permettono la pubblicazione in automatico di migliaia di annunci in maniera pressoché contemporanea: una cosa non fattibile a mano, ma che comporta costi elevatissimi che non tutti possono sostenere o giustificare con il proprio livello di business.
Quelli che abbiamo sono alcuni dei canali fondamentali attraverso cui possiamo trasferire traffico sul nostro Shop on-line.
Per fare un esempio, se vendiamo abbigliamento di marca, molto probabilmente gli AdWord sono strumento interessante perché lavorando opportunamente si riesce a intercettare un pubblico che sta cercando per esempio dell’abbigliamento firmato. Si può fare dell’attività di display di Google, presentando le foto dei prodotti, anche se in questo caso non si potrà mostrare il marchio perché è proprietà dello stesso e quindi non si è autorizzati a utilizzarlo a mostrarlo forma grafica, altrimenti molto spesso viene bloccato anche a livello keyword componente del testo.
Se si sta venendo dell’abbigliamento di marca può andare bene la pubblicità in Facebook, perché permette di mostrare le immagini.
Tenete presente che eccetto casi molto particolari, l’utenza che si genera dai Social è diversa da quella della ricerca su Google, perché è un’utenza che viene stimolata dalla visualizzazione di una foto coerente con le esigenze, i gusti e i pensieri dell’utente, ma non è una cosa che l’utente sta cercando, il che genera un tasso di abbandono decisamente più elevato. A livello di conversione, su Facebook è molto più facile vendere un prodotto rispetto, ad esempio, a Instagram.
Ci sono molti modi di vendere tramite i Social: per esempio Pay Plug permette di generare un pulsante di pagamento direttamente su Social, quindi l’utente quando clicca va già sul sistema di pagamento e alla pagina prodotto del sito: l’utente vede il prodotto e se vuole lo mette nel carrello.
In pratica c’è tutto un mondo i soluzioni che puntano a dirigere l’utente verso una landing-page, la quale è una sorta di minisito tematico relativo al prodotto e all’acquisto dello stesso senza passare dal sito del produttore.
Un altro modo per portare traffico sono indubbiamente i comparatori di prezzo: si tratta si siti web che sono sostanzialmente motori di ricerca capaci di identificare i siti di e-commerce, estrarre mediante chiavi di ricerca i prodotti e i relativi prezzi e classificare uno stesso prodotto in base al prezzo. Nell’immagine seguente trovate i loghi dei principali.
A livello italiano spicca Trovaprezzi, mentre in ambito europeo indubbiamente il più tecnologico e migliore sotto tutti gli aspetti è Kelkoo, che è anche il più utilizzato.
Va detto che un comparatore di prezzi va bene per un prodotto noto e chiaro nell’immaginario collettivo, per il quale, trattandosi di qualcosa che viene proposto da molti e-commerce, ha senso un confronto. Sicuramente non ci si trova un prodotto artigianale.
Un esempio di comparatore di prezzi è anche Google Shopping, integrato nel portale Google, che in base alle chiavi di ricerca va a proporre prodotti anche attingendo ai comparatori di prezzi.
Come si vede nell’immagine seguente, Google Shopping appare normalmente nella parte alta della pagina di Google ed anche su richiesta, cliccando sulla voce Shopping che si trova nella barra deil menu di Google.
Fondamentale, se si vuole pubblicizzare un prodotto tramite un comparatopre di prezzi, è la somma di prezzo e spese di spedizione, perché il comparatore pubblica il prezzo complessivo e quindi “la spunta” chi ha la somma minore.
Per fare pubblicità su Google Shopping è necessario creare un feed del sito che carica i prodotti su Google Shopping, che poi viene gestito come un comune AdWords secondo le seguenti due tipologie.
- shopping generico, ossia si carica un catalogo, si sceglie un prodotto e volendo se i prodotti sono pochi si può fare una singola offerta, del tipo: ogni volta che l’utente clicca su un prodotto si è disposti a pagare 5 eurocent, se clicca su un altro (che per noi è più interessante) si può pagare 1 euro. Questo è il classico shopping basato sulla massima offerta quotidiana globale, dove l’importo massimo del ticket che si va ad assegnare determina quale inserzione comparirà per prima.
Un aspetto fondamentale di shopping è che se si punta un centesimo a clic, quindi il minimo possibile, comunque il prodotto uscirà “in vetrina” ma se tutti gli utenti pubblicassero prodotti con un clic a centesimo, gli annunci uscirebbero casualmente, ossia una volta quelli di un’azienda e una volta quelli dell’altra.
Nella pratica c’è una lotta fra inserzionisti ad accaparrarsi il posto più privilegiato, basata sull’aumento dell’offerta, il che automaticamente esclude i piccoli commercianti.
Google Shopping è ormai divenuto così importante che moltissimi annunci in esso sono di market place e comparatori di prezzi, di eBay, di Amazon e saranno sicuramente di Alibaba in futuro.
Recentemente Google ha reso disponibile un servizio che si chiama Shopping Intelligente, rivolto ai piccoli e medi shop: non permette di fare la personalizzazione sul prodotto ma automatizza il tutto e permette di stabilire un tetto massimo di spesa.
Le campagne Shopping Intelligente includono annunci Shopping prodotto e annunci display (compresi gli annunci di remarketing display) e automatizzano le offerte e il posizionamento degli annunci per promuovere un feed dei prodotti nelle reti Google.
A parità di prodotti o gruppi di prodotti, le campagne fatte con Shopping Intelligente hanno la priorità sulle campagne Shopping e di remarketing sulla Rete Display standard per lo stesso cliente, quindi se pensate di utilizzare entrambi gli strumenti è consigliabile mettere in pausa le campagne Shopping normali per ridurre l’interferenza sul machine learning delle campagne Shopping Intelligente.
Un’altra cosa interessante e che integrato in Shopping Intelligente viene offerto un servizio automatizzato di Display; quindi se vedete in giro il logo di un’azienda con 4 o 5 prodotti mentre visitate una pagina di un sito web, probabilmente lì stanno utilizzando Shopping Intelligente.
La differenza fra Google Shopping e un comparatore di prezzi è che quest’ultimo è più dettagliato e mostra direttamente i dettagli del prodotto, il prezzo e il costo di spedizione, più un link o un pulsante per accedere al sito di e-commerce dove effettuare l’acquisto. Molto spesso questi portali integrano un micro-servizio di recensioni, dove vedere le impressioni degli utenti circa il prodotto e il sito che lo vende. L’immagine seguente propone la pagina di Trovaprezzi.
In Trovaprezzi, il pulsante di ridirezione allo Shop on-line è quello arancione chiamato VEDI OFFERTA.
Va notato che l’efficacia della ricerca e il pluralismo di offerte dipendono dal settore merceologico: ad esempio nel caso delle scarpe, uno dei più grandi azionisti nel mondo delle scarpe su TrovaPrezzi è Amazon, cioè le offerte principali sono di amazon e prima di arrivare a trovare una voce di un competitor bisogna sfogliare intere pagine.
Su altri prodotti, fortunatamente non sono presenti marketplace e pertanto c’è una bella opportunità di presentazione da parte dei titolari degli e-commerce: è il caso, ad esempio, dei prodotti per climatizzazione e riscaldamento, che sono articoli complessi su cui i grandi marketplace non puntano molto, anche per problematiche di consulenza per l’installazione, rischi di resi e via di seguito.
I comparatori di prezzo in genere diventano molto interessanti anche per i servizi complementari che offrono: per esempio Idealo, che è uno dei comparatori di prezzo più conosciuti, rende disponibile un servizio di storico dell’andamento del prezzo del prodotto simile a quello di Trovaprezzi, ma decisamente più strutturato.
Invece Kelkoo, in collaborazione con Google ha sviluppato un sistema in cui gestisce sia lo storico dei prezzi, sia che, in automatico, gli annunci su Google Shop. Il vantaggio di far gestire la cosa da questi è che il costo per singolo click è più basso e che l’ottimizzazione viene fatta con strumenti automatizzati e quindi è superiore a ciò che può fare il singolo utente.
Il numero degli e-commerce aperti di anno in anno cresce e, di conseguenza, cresce anche la concorrenza cui ogni venditore è soggetto. Che ruolo giocano le recensioni online in tutto questo?
E, soprattutto, sono utili?
La risposta al quesito fondamentale sulle recensioni è: sì, servono. In questo contesto, giocano un ruolo determinante le recensioni all’interno dei comparatori di prezzo. Kelkooo, per esempio, in Germania vende direttamente il prodotto degli inserzionisti migliori (secondo le recensioni), quindi è possibile acquistare direttamente da kelkoo, il quale a sua volta compera dall’inserzionista, offrendo una sua garanzia.
Sono possibili due modi di gestire le recensioni di prodotto e venditore:
Nel secondo caso si ha a che fare con strutture che hanno delle certificazioni e regolamenti molto rigorosi.
Le recensioni sono normalmente gestite attraverso un servizio di mailing e quindi di contatto automatico dell’acquirente dopo l’acquisto; quindi quando l’acquirente ha ricevuto il prodotto, è l’acquirente che decide quando ricontattarlo per chiedergli se è soddisfatto e se vuole lasciare una recensione.
Nel caso dei servizi di recensione è l’utente che può decidere liberamente di entrare e lasciare un’opinione, lasciando chiaramente elementi che consentono di identificarlo e verificare se i riferimenti al prodotto sono veritieri.
In PrestaShop sono disponibili 15 moduli che permettono di gestire il discorso sulle recensioni sul sito di e-commerce; l’immagine seguente ne propone tre, relativi ai servizi di recensioni indipendenti correlati (Customer Alliance è un discorso a parte che faremo tra breve).
I moduli, nella pagina prodotto creano un Rich Snippet, ossia un codice particolare che permette di far comparire sulla ricerca di Google le stelline che quotano la recensione.
Tutti questi sistemi mandano una o due e-mail post-acquisto approfittando di un “varco” esistente nel GDPR che consente che un utente che ha acquistato si possa contattare attraverso un mailing occasionale per avere un un’idea di come il cliente si è trovato. Quindi tutti questi sistemi prevedono, in risposta alla e-mail, l’apertura di una pagina in cui si possono scrivere le recensioni.
E arriviamo a Customer Alliance, che è un servizio di recensioni svizzero, interessante perché gestisce sempre recensioni, ma in un modo un po’ diverso perché il suo obiettivo non è generare recensioni sul prodotto o sul sito, ma su sistemi di Google, perché anche su Google si possono creare recensioni (le vedete a destra nel riquadro riguardante l’attività cercata nella pagina di ricerca).
Gli Snippet nella SERP (Search Engine Result Page) sono rappresentati dagli elementi standard che vengono visualizzati nei risultati quando si effettua una ricerca su Google: title, description e URL.
Oltre a questi, ci possono essere degli altri elementi che indicano informazioni aggiuntive riguardanti il sito web o la pagina di riferimento: i Rich Snippets.
Dopo aver aggiunto i Rich Snippet alle pagine si può verificarne la visualizzazione grazie allo Structured Data Testing Tool, un tool online di Google che permette gratuitamente di visionare se ci sono errori nella struttura.
I Rich Snippet sono sostanzialmente aggunte di codice, dei tag che si va ad inserire nella pagina prodotto che forniscono a Google alcuni indicatori come il prezzo, la disponibilità e le eventuali recensioni.
Quando facciamo una ricerca su Google e compare un prodotto, il Rich Snippet dice il prezzo del prodotto Google, lo legge e lo ripubblica; lo stesso vale per la disponibilità e le recensioni, che diventano stelline.
I Rich Snippet consentono dunque di fornire i dati strutturali per la ricerca su Google e consentono anche di creare opportunità di posizionamento SEO; i dati strutturali consentono al motore di ricerca di analizzare la pagina e collocarla esattamente dove va (non solo in contesto e-commerce), sempre che siano utilizzati correttamente, quindi da essi Google riesce a capire che una pagina che parla di ricette di cucina non è una pagina di politica o di attualità.
Siccome il marketing digitale si compie anche attraverso le newsletter, PrestaShop è predisposto per integrarsi con i relativi sistemi ed in particolare con MailChimp e Sendinblue; per essi esistono specifici moduli gratuiti o anche a pagamento, personalizzabili.
Va ricordato che le newsletter possono essere strumenti di remarketing e che vanno utilizzate con attenzione, sfruttando proprio gli strumenti messi a disposizione dai relativi servizi.
Le newsletter devono essere possibilmente mirate, soprattutto quando si tratta di e-commerce che vendono categorie eterogenee di prodotto, altrimenti si rischia che diventino un disturbo in quanto si va a proporre prodotti che non interessano un certo cliente.
In tal senso aiutano i cookie del sito di e-commerce, i quali consentono di capire, attraverso quello che l’utente clicca o la sezione del sito che esso visita, quale possa essere l’area di interesse, così da costruire e-mail attinenti, gradite e accettate.
Alcuni siti ricavano queste informazioni da domande di selezione esplicite fatte all’utente che vi accede: per esempio propongono già di comunicare cosa interessa vedere, se si tratta di abbigliamento per quale genere (uomo, donna, bambino ecc.) ed altro ancora. Su questi filtri, che peraltro l’utente può salvare, costruiscono una profilazione, utilizzata al momento di creare la newsletter.
Esistono delle piattaforme che consentono di automatizzare la campagna di marketing digitale e nell’immagine seguente vedete I loghi di due delle più interessanti: una italiana (BrainLead) e l’altra estera (ActiveCampaign).
Si tratta di sistemi che permettono di fare ciò che fa un servizio di newsletter e anche di più; hanno costi accettabili e rappresentano l’evoluzione del mailing per gli e-commerce più piccoli. Permettono di tracciare una serie di avvenimenti all’interno dello Shop on-line, quindi inseguire un carrello abbandonato e sollecitare l’utente a tornarvi per concludere l’acquisto, in una maniera un po’ più completa di quel che farebbe un semplice modulo PrestaShop.
Consentono anche, in caso di newsletter, di fare un invio selettivo di e-mail in base al fatto che il destinatario di una prima e-mail l’abbia aperta o non aperta, ovvero se il destinatario l’ha aperta ma non ha dato seguito al messaggio ecc.
Insomma, questi servizi consentono di creare dei veri e propri funnel di marketing digitale ben strutturati.
La Search Engine Optimization, ossia l’ottimizzazione al fine di aumentare la facilità per i motori di ricerca di trovare i siti e le pagine web, si applica anche agli e-commerce, sebbene con il mercato attuale non ci si può affidare esclusivamente alla SEO per vendere i propri prodotti. L’ottimizzazione è comunque una cosa da fare, perché a prescindere dalle funzioni di Google Shopping e dei comparatori di prezzo, posizionarsi ai primi posti nei risultati della ricerca è un primo passo verso la vendita e soprattutto è gratuito (nulla si deve a Google, a differenza dell’utilizzo di Google Shopping).
Per questo PrestaShop dispone di strumenti e quindi moduli orientati proprio alla SEO: un esempio è il modulo mostrato nell’immagine seguente, che compila in maniera automatizzata TITLE, META DESCRIPTION, URL della pagina di prodotto.
Questo, pur essendo un po’ costoso, risolve un grosso problema che è quello degli shop che hanno moltissimi prodotti (magari importati da un gestionale o da un file .csv) e dove il lavoro manuale sarebbe estremamente lungo e non privo di errori. Il modulo opera applicando una logica globale, che prevede il titolo sulla barra del titolo, la META DESCRIPTION sulla barra della descrizione breve ecc.
Un altro modulo è quello proposto nell’immagine seguente, che si utilizza quando non è stato implementato in maniera nativa il TAG ALT sulle immagini.
Questo modulo compila in maniera automatizzata gli ALT TAG delle immagini dei prodotti.
Vediamo quindi come PrestaShop dispone di soluzioni in grado di far trovare più facilmente un certo e-commerce costruito su di esso e di gestire vari aspetti per aumentarne la visibilità nei comparatori di prezzi.